A.G. Fadini
Mario Puccini, l'importanza della fortuna

Dal 2 luglio al 19 settembre a Livorno al Museo della Città verrà aperta una mostra dedicata a Mario Puccini a cura di Nadia Marchioni.
Trovarsi nel posto giusto al momento giusto può cambiare il corso di un’intera esistenza.
Questa è la riflessione che si crea guardando le opere del signor Mario Puccini pittore (nessun collegamento con il celebre compositore) nato a Livorno nel 1869.
Chi lo conosce? Davvero in pochi.
Come Vincent
Eppure, come spesso fanno gli organizzatori delle sue mostre, viene facile associarlo a Van Gogh.
Un’esplosione di colore.
Allievo di Giovanni Fattori e compagno di Pellizza da Volpedo, elimina il disegno per comporre esclusivamente a tocchi di pennello immediati, vivaci e densi.
Purtroppo, Mario Puccini ebbe in comune con il pittore olandese anche sofferenze mentali perché afflitto da depressione. A causa di una delusione d’amore, passò molti anni ricoverato all’Ospedale di Livorno e poco o nulla si sa di lui fino al 1906.
Livorno non è Parigi
Una delle battute frequenti è quella che recita che se Modigliani fosse rimasto a Livorno, invece che trasferirsi a Parigi, non sarebbe diventato famoso.
Della stessa idea fu il critico d’arte Raffaele De Grada che scrisse “… un grande pittore che, se si fosse portato su un piano culturale più largo, poteva diventare non inferiore a Modigliani”.
Un minimo di notorietà arrivò quando frequentò il caffè Bardi a Livorno, che fu ritrovo di pittori e artisti che subito ne riconobbero il valore.
Ma le precarie condizioni fisiche, favorite dalla povertà e dal lavoro costante all’aria aperta, portarono la tubercolosi, di cui morì il 18 giugno del 1920.
Per Mario Puccini, che ricavava l’olio per dipingere sgocciolando scatolette di tonno, il destino e l’abitudine e necessità di dipingere in piccolo formato gli negarono una meritata risonanza internazionale.